La testimonianza di chi è stato direttamente coinvolto nell'epicentro dell'emergenza sanitaria mondiale

NAPOLI - Durante un intervista rilasciata al giornalista Gabriele Parpiglia durante una diretta Instagram, l’ex capitano di Napoli e Sassuolo Paolo Cannavaro ha dato la propria testimonianza diretta riguardo il fronteggiamento dell’emergenza CoronaVirus nel paese dove egli lavora e in cui tutto è nato: la Cina. L’ex calciatore italiano si trova lì in veste di vice allenatore del Guanghzou Evergrande, compagine allenata da suo fratello Fabio Cannavaro, ex Real Madrid e capitano della nazionale campione del mondo del 2006. L’ex Parma ë Sassuolo ha dato un’importante testimonianza che da l’idea di come sia stata fronteggiata l’emergenza Coronavirus in Cina , ormai ai titoli di coda. Il tecnico napoletano ha raccontato quindi di momenti difficili, momenti di distanza dalla sua famiglia ancora in Italia, ma comunque pieni di speranza dovute alla sicurezza e alla fiducia nelle istituzioni cinesi. Paolo Cannavaro nell’ambito della conversazione avuta con Parpiglia ha parlato così dell’emergenza Covid-19: 

“In questo momento io mi trovo a Guanghzou che una città situata nel sud della Cina. La distanza di volo da Wuhan è di circa 2 ore, ma qui in Cina le lunghe trasferte rientrano nella normalità delle cose. I primi tempi in cui era in giro il Coronavirus il campionato cinese non era ancora stato sospeso, però le fasi di contenimento erano già cominciate e io ricordo che in preparazione di una partita di campionati siamo rimasti chiusi nel nostro centro sportivo seguendo le direttive del governo cinese. In seguito poi il campionato fu sospeso, all’inizio si credeva ad una sospensione breve e così siamo partiti per Dubai per effettuare degli allenamenti lì. Una volta rientrati però siamo stati sottoposti obbligatoriamente ad una quarantena di 15 giorni, ma con un odissea per raggiungere la cina veramente incredibile, perché una volta partiti da Dubai siamo andati ad Hong Kong dove siamo passati per la frontiera cinese. Lì ci hanno scannerizzato il cellulare dove con l’app WeChat ci hanno associato un codice identificativo personale volto a controllare i nostri spostamenti e se, quindi, ci stavamo effettivamente recando a casa. Noi non possiamo uscire dai nostri appartamenti, nel residence dove abitiamo abbiamo colazione, pranzo e cena con consegna a domicilio e ci viene portato tutto sterilizzato senza entrare in contatto con le persone. Sono cambiate tante cose, è cambiato lo stile di vita, qui in Cina ad ogni momento/attività della giornata ti misurano la temperatura e se questa dovesse superare i 37,2 gradi subito ci sono gli infermieri pronti a prestare servizio. Io capisco ovviamente che sia una situazione difficile, ma ci vuole la collaborazione di tutti se si vuole cercare di sconfiggere questo nemico. I cinesi saranno anche rigidi ma il sistema di welfare che hanno implementato e che hanno messo in piedi per garantire tutela e assistenza è enorme. Logicamente se sgarri paghi, e in questo paese scatta l’arresto. Un messaggio che mi sento di mandare a tutti è di continuare a combattere, seguite le istituzioni e vedrete che finirà presto tutto.”