Il giovane dirigente racconta tutto il suo percorso

POMIGLIANO D'ARCO (NA) Tra i dirigenti sportivi campani che stanno cercando di mettersi in evidenza c’è Luca Palmieri, ex dirigente del Pomigliano Calcio, il quale ha rilasciato un’intervista alla nostra redazione. Nel suo discorso parla di quel che è stato da sempre il suo sogno e delle sue esperienze avute finora. 

“A differenza di tutti quanti, che fin da piccoli sognavano di far il calciatore, io invece ho capito che la mia passione è quella di fare il dirigente. Con il tempo ho capito qual è il ruolo che mi stimolava e affascinava di più, ovvero il direttore sportivo. Ciò mi è stato chiaro quando alla scuola calcio mi divertivo di più a stare dall’altra parte del campo. Infatti già a 15 anni creavo i tornei di calcio. Gestire e coordinare mi dava un senso di soddisfazione. A 17 anni, insieme ad un mio amico, ho fondato una scuola di Calcio a 5 amatoriale, che vincendo un torneo regionale, ha avuto accesso a rappresentare la Campania a livello nazionale. Chi vinceva quel giorno a Rimini, avrebbe avuto l’onore di rappresentare l’Italia amatoriale ai Mondiali in Arabia Saudita. Purtroppo uscimmo alle semifinali, però venimmo premiati come miglior squadra. Infatti come premio andammo a visionare una partita del Torino ed uscimmo sulla Gazzetta dello Sport, che custodisco gelosamente. Venimmo nominati durante l’intervallo dell’amichevole Torino-Chapecoense con i nostri nomi e cognomi. È stata una sensazione impagabile.
A 18 anni ho avuto la prima occasione come direttore sportivo per una squadra di Calcio a 5, il Futsal Cisterna. Questo sport è molto sottovalutato ed è lì che sono nati i miei primi contatti ed il mio primo approccio. Dopo la prima stagione sono rimasto un altro anno per crescere e fare esperienza.
È poi arrivata la pandemia: io sono stato a studiare fuori e mi sto per laureare all’università degli studi di Verona. Sono stato in Erasmus in Spagna per poter migliorare la conoscenza della lingua spagnola, perché per quanto si è globalizzato il mondo c’è bisogno di conoscere perfettamente l’inglese e lo spagnolo. Nella mia ultima esperienza a Pomigliano mi è stato utile per parlare con i calciatori argentini in rosa. È stato bello perché loro con me trovavano sempre qualcuno con cui potersi relazionare ed esprimersi in maniera chiara, senza paura di sbagliare o di non essere compresi.
È stato un onore rappresentare il paese in cui vivo, una piazza storica e importantissima, che ha visto tanti giocatori. Non a caso vinse una Coppa Italia di Serie D. Purtroppo quell’esperienza non è andata a finire come tutti quanti volevamo. Eravamo secondi in classifica e ci mancavano pochi punti per essere lì. È un rammarico che ci portiamo avanti, mi sento ancora con alcuni dirigenti e alcuni calciatori della scorsa stagione e tutti quanti ci siamo domandati dove saremmo arrivati se avessimo potuto continuare.
I tifosi del Pomigliano li conosco in parte e vedere nei loro occhi quella piccola speranza di tornare in Serie D è un’emozione impagabile. Ripagava tutti i sacrifici quotidiani che tutti quanti facevamo. Meritavano e meritano di vedere di nuovo il Pomigliano in Serie D. A Felice Romano gli devo solamente dire grazie, perché ha avuto il coraggio di investire su un giovane come me. In quel momento stavamo stupendo tutti e soprattutto ci stavamo divertendo, è stato davvero un peccato, il tutto nel mezzo della campagna di gennaio, quando stavamo preparando dei grossi colpi. L’avvenimento ha rattristato me in primis, ma anche il calcio, perché ti fanno capire che non è un mondo del tutto pulito. Queste parole non sono per il mio ex presidente, anzi per lui ho una stima elevata.
Io adesso ho 25 anni e penso che sono nell’età migliore per poter continuare a crescere, sbagliare e imparare. In Italia a 25 anni ti etichettano come troppo giovane, vogliono sempre persone con esperienza, ma se non te la permettono come la posso avere.
Il calcio dilettantistico ha dei pro e dei contro. Uno dei suoi pro maggiori è che c’è una passione che ti spinge quotidianamente a superare tutte le difficoltà e tutti gli ostacoli che ti si presentano, perché senza di quella le persone non continuano a lavorare in questo mondo. Meriterebbe una visibilità maggiore, le passioni non sono da meno da quelle che si provano nel calcio professionistico. Il contro è che purtroppo essendo un mondo un po’ chiuso, dove ci sono sempre gli stessi personaggi, a volte quei personaggi negativi hanno un’influenza maggiore rispetto alle persone per bene.
Io tutto ciò che ho fatto nel mondo del calcio me lo sono sempre sudato con i denti, perché non ho mai avuto grosse amicizie, né una carriera alle spalle che mi permettesse di tessere una ragnatela di conoscenze. Quando c’è la passione che ti spinge dentro non ti fermi mai al primo ostacolo.
Ci sono stati momenti della mia vita in cui ho pensato che forse questo è un mondo troppo elitario, troppo chiuso. L’occasione al Pomigliano mi ha fatto capire che se tu spingi sempre in quella situazione prima o poi qualcosa accadrà. Se pensi sempre positivo attrarrai cose positive.
Il mio obiettivo ad oggi è prendere l’abilitazione come direttore sportivo FIGC, ci penso da quando avevo 18 anni. Cercherò di fare il più possibile formazione per un miglior punteggio in graduatoria. Per me è uno step importantissimo.
Sul futuro spero arrivi la chiamata giusta, ma se non dovesse arrivare so che il tempo è la cosa più preziosa che abbiamo e preferisco investirlo su me stesso, visionando i calciatori come ho sempre fatto e continuare a studiare per poter accrescere il mio bagaglio culturale”.