Nel week end dove la Campania piangeva il classe 2001 Andrea Gismondi, su molti campi episodi di guerriglia urbana e di teppismo. Forse è il caso di una pausa di riflessione...

NAPOLI - Ci fermiamo o no? Un altro week end di follia sui campi campani\con episodi di guerriglia. Se per Afro-Frattese c’è stato un post gara drammatico con lancio di bombe carta ad altezza uomo in mezzo a donne e bambini, Montecalvario-Lokomotiv Flegrea è stata una battaglia dove è andato di scena il peggio, mentre tutto da chiarire a Barra dove l’Atletico Sorrento accusa lo Sporting Campania di aggressioni, con il team napoletano che smentisce, ma con i sorrentini che si ritirano chiedendo la sospensione dei campionati in una vicenda dai contorni tutti da definire. Il limite si è già toccato, siamo ormai andati oltre rendendoci famosi sulle colonne dei maggiori quotidiani nazionali. Il nostro calcio è malato, non dobbiamo lamentarci se gli stadi vengono chiusi o se il prefetto prende provvedimenti: questo calcio non merita fiducia. Stiamo distruggendo lo sport più bello del mondo, quello per cui tantissimi bambini si avvicinano sognando un gol e quello per cui migliaia di persone restano incollate ad una fede che tramandano negli anni. Servono provvedimenti forti, adesso è il tempo di agire cercando di distendere il clima ma allo stesso tempo dando pene certe. La fuga dagli stadi, l’isolamento in cui rischiamo di trovarci è pericoloso, bisogna in primis ripulire l’ambiente, oggi i nostri stadi non sono per donne e bambini, si ha paura nel portarli in un luogo dove regna l’incertezza e dove gli animi si surriscaldano in un momento. E mentre il povero Andrea Gismondi perdeva la battaglia con la vita per colpa di un maledetto incidente stradale, sui nostri campi onoravamo la sua memoria nel peggiore modo possibile. E non c’è redenzione ma accuse, il clima di rabbia continua a regnare in una anarchia che sembra aver preso piede. Dove vogliamo arrivare? Che futuro per il nostro calcio? Cosa altro dobbiamo aspettarci? Violenza, teppismo, odio, mancanza di rispetto e partite che sembrano disputarsi su un ring. Non è questo il nostro calcio, di appelli ne abbiamo lanciati ma si spegne un focolaio da un lato e si apre una voragine dall’altro. Forse è il caso di fermarsi seriamente, le parole servono a poco, è tempo di agire, tutti insieme per non rischiare di morire.