Il guerriero calabrese, protagonista per tanti anni nella nostra regione e ormai campano d’adozione, appende gli scarpini al chiodo e ci racconta cosa farà da “grande”

La fine di una lunga carriera è un momento che prima o poi arriva per ogni calciatore. Ma Giovanni Ruscio non pensava, nonostante l’età, 38 anni, di dover smettere proprio ora a rincorrere palla e avversari, perché “fin quando mi divertirò, continuerò a giocare”, come ha più volte ribadito GR4. Purtroppo il destino si è messo di traverso ed ha costretto Ruscio, dopo 521 presenze in campionato e 10 gol (come si evince dalla grafica a cura di Dario Algamage), a prendere una dolorosa decisione. Da un infortunio al ginocchio alla soglia dei 40 anni non è semplice recuperare e tornare ad essere quello di prima e quindi con tanta umiltà il centrocampista nativo di Monterosso Calabro, in provincia di Vibo Valentia, ha deciso di cambiare vita, svestendo i panni di calciatore e indossando altre vesti, sempre nel mondo del calcio. Nella giornata di ieri (giovedì) Ruscio ha annunciato con un lungo post su Facebook il suo addio al calcio giocato e tanti sono stati gli attestati di stima da parte di tifosi, addetti ai lavori, persone comuni, che hanno potuto apprezzare la professionalità dell’uomo e la bravura del calciatore da un cuore enorme, che ha sempre onorato tutte le maglie che ha vestito.

TORRE ANNUNZIATA (NA) Com’è maturata la tua decisione?

“Avrei voluto continuare ancora perché fisicamente mi sento bene. L’anno scorso ho giocato le ultime partite di campionato, col San Vito Positano, con delle fasciature per via di un problema al ginocchio, per aiutare la squadra. Il dottore mi ha consigliato di smettere perché a 38 anni c’è il rischio di compromettere definitivamente l’articolazione. Bisogna sempre rispettare il proprio corpo e quindi a malincuore ho deciso di smettere. Ringrazio quelle 4 squadre che quest’anno mi hanno chiamato per farmi giocare. Ricevere delle proposte a 38 anni vuol dire tanto, significa che tanti mi vedevano ancora bene”.

Hai ricevuto tanti attestati di stima dopo il tuo post su Facebook in cui hai annunciato il tuo addio. Il mondo social si è mobilitato per te, te l’aspettavi?

“Ho ricevuto tanti messaggi, commenti, post ufficiali da parte di società in cui ho militato. Mi hanno contattato migliaia di persone, ho perso il conto, da tutta Italia e da tutte le città in cui ho giocato. Sono rimasto positivamente stupito. Quando uno porta rispetto per le città in cui è stato è normale che si riceve rispetto. Se sei persona leale e limpida non può essere altrimenti. Attraverso i messaggi che ho ricevuto ho ripercorso tutta la mia carriera con aneddoti e racconti da parte di compagni di squadra, addetti ai lavori o semplici tifosi. Tutte cose che mi emozionano, soprattutto quelle piccolezze che valgono di più di tante altre cose. Mi hanno fatto rivivere il mio percorso”.

Quali sono i ricordi più belli?

“Sicuramente ho tanti ricordi, le vittorie dei campionati di Serie C con Massese e Juve Stabia, i successi con Vibonese, Savoia, Casertana. La stagione più importante, dove mi sono espresso meglio è stato alla Juve Stabia, dove ho giocato un campionato bellissimo, vivendo tante emozioni. Ricordo con affetto l’esordio in C nel 2001 col Grosseto, oppure la mia prima presenza in D con gol all’esordio con la Vibonese. Le convocazioni in Nazionale Under 17”.

Un lungo percorso partito dalla provincia, da casa tua, Monterosso Calabro.

“I primi passi li ho mossi nel Monterosso Calabro, la squadra del mio paese, partendo dai pulcini, fino ad arrivare poi a vestire la maglia dei giovanissimi della Vibonese, la mia squadra del cuore. A Vibo, in periodi diversi, ho vissuto nove stagioni, lì sono di casa: ho vinto in Promozione, in Eccellenza e in Serie D, sono stato capitano in C. A Vibo ho sempre centrato gli obiettivi e ciò mi rende orgoglioso perché non è mai facile essere profeta in patria”.

Ormai la Campania è la tua seconda casa.

“E non può essere altrimenti. Ricordo con affetto la stagione meravigliosa vissuta al Savoia, anche se ho avuto diversi infortuni. Abito a Torre Annunziata con la mia compagna che è in attesa di un maschietto. Ormai sono un campano d’adozione. In Campania ho quasi sempre vinto: Juve Stabia, Savoia, Casertana, Nocerina, Portici, con l’Afragolese purtroppo abbiamo perso all’ultimo rigore ma porterò sempre nel cuore quell’annata”.

Siamo giunti alla fatidica domanda: cosa vuoi fare da grande?

“Il mio sogno è quello di diventare direttore sportivo e voglio studiare per quell’obiettivo, facendo esperienza all’interno delle società. Mi piacerebbe affiancare un diesse importante, con umiltà, per imparare un ruolo delicato e capire le varie situazioni da gestire. Il direttore sportivo deve essere il tramite tra società, allenatore e squadra, deve essere sempre presente con i giocatori e di supporto al tecnico e mediare con la società. Secondo me chi vuole ricoprire tale ruolo deve aver vissuto lo spogliatoio, per comprenderne le varie dinamiche. Deve mantenere gli equilibri. So che non sarà facile e che ci sarà tanto da lavorare, ma questa è l’ultima cosa che mi spaventa. Ho avuto anche proposte come allenatore in seconda, nella vita non si può escludere nulla, però dico che ad oggi la mia aspirazione principale è quella di diventare direttore sportivo”.