Il tecnico parla della sua avventura con i normanni, del momento personale e del calcio in Campania
NAPOLI - Paradiso, inferno e ritorno. Si può sintetizzare così la stagione di Antonio De Stefano, allenatore giovane che ha compiuto un autentico miracolo con il suo Aversa, salvando una squadra che veniva additata da tutti come una delle sicure retrocesse nel girone più difficile di Italia di serie D. Se ci mettiamo che per De Stefano era la prima esperienza nel massimo torneo dilettantistico nazionale e che nella fase cruciale della stagione ha dovuto affrontare la partita più difficile della sua vita (la scomparsa del caro fratello per Covid), allora quello che sembra un miracolo sportivo assume i contorni della leggenda, dove l’uomo ha superato il tecnico e dove sono venuti fuori i valori sportivi e umani di uno dei migliori tecnici della nostra regione.
Che stagione è stata?
“Ho avuto un gruppo di uomini straordinari che ha fatto un campionato eccezionale, ci davano tutti per spacciati, invece con i tre punti del Francavilla abbiamo messo 6 squadre dietro di noi, ci saremmo salvati anche con i playout e questo dà la dimensione dell’impresa compiuta da questi ragazzi. Ci abbiamo creduto e abbiamo portato la nave in porto, stagione super con un finale eccellente”.
Dal punto di vista personale?
“Mi confrontavo con una categoria nuova, all’inizio non è stato facile, poi riuscire a giocarmela alla pari contro mostri sacri mi ha dato consapevolezza, sono felice di aver mostrato il mio valore. La morte di mio fratello è stata un dramma, ad un certo punto volevo mollare ma avevo fatto una promessa ai ragazzi e sono riuscito a mantenerla, questo è quello che conta insieme ad essere riuscito a salvare l’Aversa”.
Avevi ancora un anno di contratto ma è arrivato l’addio con i normanni…
“Sì è vero, ma un allenatore certe cose le sente e ho preferito dividere le nostre strade. Ringrazio il presidente Pellegrino per avermi dato questa straordinaria possibilità, allenare l’Aversa è stato un grande onore, ma adesso è giusto separarsi”.
Quale futuro per De Stefano?
“Al momento non c’è veramente niente. E’ arrivata qualche offerta da fuori regione e a differenza delle altre volte le ascolterò. Credo di aver meritato di rimanere in D, cerco un progetto stimolante e se dovesse essere fuori regione lo prenderò in considerazione”.
Se un allenatore bravo e giovane come te deve emigrare allora in Campania siamo alla frutta, come trovi il nostro calcio?
“Bisogna essere onesti, in questo momento siamo lontani anni luce dalle pugliesi, sono più organizzati ed hanno altre disponibilità economiche. Da noi c’è troppa approssimazione, abbiamo talenti ma non nella classe dirigenziale. Quello che manca maggiormente sono i direttori di una volta come Tino Simonetti e Peppe Ammaturo, direttori vecchio stampo”.
Si è giocato a porte chiuse, ma noti anche tu un disinnamoramento della gente?
“Sì e questo è un campanello di allarme importante che dobbiamo recepire. In Campania bisogna essere più qualificati, così facciamo solo scappare le persone e il calcio è della gente”.